Caterina Morigi

1/1

1/1 (2018-2020) guida lo sguardo verso dettagli che svelano l’incessante rapporto di scambio, imitazione e somiglianza tra uomo e natura.
Nelle quattro immagini la pelle della pietra – sia quella posata in antichità che quella integra – si fonde con l’epidermide umana, sovrapponendo le rispettive venature, nella formazione di una composizione astratta e illusionistica.
1/1 si muove sul piano della rappresentazione, in una sorta di collage bidimensionale tra lapideo e umano; il collante è il passare del tempo che su di essi si stratifica, aumentando la complessità delle trame. Il riferimento visivo da cui attingo sono le specchiare marmoree utilizzate sin dall’antichità per la decorazione di abitazioni, di edifici religiosi e di rappresentanza. Da sempre si è usata la roccia con una funzione strumentale, strutturale o decorativa e ci si è adoperati nell’osservarla ed imitarla, per riprodurre elementi che si sarebbero potuti reperire anche in natura. Anche oggi la tecnologia e l’industria sono ampiamente impiegate in questa direzione, ma la pratica affonda le sue basi alle origini della storia dell’arte; talvolta confinata negli sfondi, talvolta resa protagonista della rappresentazione, la roccia fa parte di un mondo di relazioni e sguardi.
Le 4 fotografie non sono pensate con un orientamento specifico, possono essere trattate come texture decorativa, prendendo spunto dall’atmosfera di questo testo, dalla cura e precisione degli antichi che viene riportata da Vincenzo Scamozzi:

Le pietre hanno i loro filari e vene e falde l’una sopra l’altra, o siano a corsi, ovvero d’una massa intera, e però abbiamo osservato, che gli antichi usavano molta diligenza nel lavorare e porre in opra le pietre appunto come giacevano nelle loro cave; la qual cosa torna molto bene all’eternar le opere. Perché a questo modo resistono molto più gagliardamente a sopportare i gravissimi pesi; e però non debbonsi voltare le falde delle pietre, come colonne, pilastri, e staffili e somiglianti verso all’infuori, e particolarmente dove gli aspetti non sono benigni, perché col tempo sono guaste e logorate più facilmente; onde fanno poi bruttissima vista e massimamente nelle opere reali e diligenti, e bene concertate, così sacre come secolari.

V, Scamozzi, L’idea dell’architettura universale, S.Ticozzi e L. Masieri (a cura di), coi tipi di Borroni e Scotti, Milano 1838 [1615]
Info
Venerdì, sabato e domenica
dalle 10.00 alle 19.00
Dove
Scuderie di Palazzo Moroni
via VIII Febbraio, 8
Copy link
Powered by Social Snap