urtümliches Bild
Il Leviatano di Thomas Hobbes porta sul frontespizio un’incisione di Abraham Bosse: lo scenario è quello di una città desolata, dove tuttavia appaiono alcune figure: due uomini, che sembrano indossare i tipici becchi dei dottori della peste del Seicento, e alcuni armigeri mentre pattugliano, accuratamente distanziati, le strade deserte. Si tratta, senza alcun dubbio, dell’immagine di un lockdown. L’uomo, nel corso della storia, ha scongiurato molte pandemie e confinamenti, ed è possibile che i sogni siano stati, in passato, le uniche immagini condivise, l’unica connessione fra gli esseri umani in momenti di paura e isolamento– come quelli appena vissuti. Il sogno é un’immagine primordiale collettiva che Jung chiamava urtümliches Bild: archetipo. Attraverso la coscienza, queste immagini vengono costantemente riattualizzate, mantenendo tuttavia una carica simbolica universale senza tempo. Gli archetipi possono trasformarsi, potenziarsi, indebolirsi e persino estinguersi. Nonostante oggi viviamo nella perenne immersione in un rumore visivo assordante, i sogni non sono ancora scomparsi, ma non è detto che questo non possa un giorno accadere, divenendo così una sorta di archeologia della memoria umana. Ho deciso di rivolgere l’attenzione a queste immagini interne, veri e propri sismografi in grado di trattenere i segni di lievi e profonde trasformazioni collettive. Partendo dalla creazione di un archivio dei sogni fatti durante i mesi di confinamento, raccontati da persone provenienti da differenti regioni del Pianeta, li ho codificati attraverso un algoritmo di apprendimento automatico – addestrato a produrre immagini sulla base di input testuali – che continuamente “fallisce” il suo compito. Le visioni affiorate, imperfette, surreali, prive di regole figurative e prospettiche, sono frutto della combinazione di archivi e datasets del nostro mondo: eppure appaiono così libere e prive di sovrastrutture da rappresentare il nostro immaginario interno meglio di come noi stessi potremmo mai rappresentarlo.